Xmp intervista Luca Giuliano (2)


lucagiulianoLa prima parte dell’intervista a Luca Giuliano si era conclusa con alcune riflessioni intorno al concetto di esplorazione, ed al suo ruolo centrale nella narrativa digitale, sin dagli esordi…riprendiamo da lì…

Xmp: In effetti, espandendo queste scelte ‘definitive ed irrevocabili’ dell’autore su molteplici piattaforme, il transmedia storytelling non finisce per limitare il ruolo dell’immaginazione? Penso agli spazi bianchi che per Eco davano vita alle passeggiate inferenziali…nel transmedia storytelling diventano invece trampolini per ulteriori segmenti narrativi ‘ufficiali’. Lo spettatore/lettore/giocatore non deve più immaginare quello che non gli viene esplicitamente raccontato…deve cercarlo su altre piattaforme…

Luca Giuliano: Non conosco in modo abbastanza approfondito il transmedia storytelling per fare un’affermazione di questo tipo. Le mie considerazioni sono limitate a un aspetto di quella che io chiamo la letteratura interattiva, fortemente legata al ludus, al gioco organizzato e governato dalle regole. In questo spazio predefinito (ma negoziabile) si sviluppa una creazione collettiva e uno spazio condiviso della fantasia e dell’immaginazione.

Xmp: Scrivere fan-fiction…è un gioco di narrazione?

Luca Giuliano: Quando parlo di letteratura interattiva in effetti intendo riferirmi a un vasto campo di esperienze all’interno delle quali possono convivere il gioco di ruolo, alcuni tipi di videogame, il libro-gioco a rimandi paragrafo, la fiction interattiva con le avventure testuali al computer, i giochi di ruolo online, e così via fino ad arrivare anche alla fan-fiction.
La fiction scritta dagli appassionati ispirandosi a giochi di vario genere, ma anche ai serial televisivi, al cinema o ai comics tuttavia non è un gioco e quindi non rientra all’interno del gioco di narrazione, comunque lo si voglia intendere. In Pathos, per esempio, si è sviluppata una fan-fitcion costituita da una quantità considerevole di racconti e veri e propri romanzi nati all’interno del gioco e rivolti ai giocatori stessi come lettori. Questi racconti in alcuni casi sono un prodotto diretto della interazione di gioco, in altri casi sono stati scritti da uno o due autori nella veste di personaggi del gioco. Questa è sicuramente letteratura interattiva in tutti sensi, ma il vero e proprio gioco di narrazione è solo Pathos, non i prodotti (scrittura e disegno) che ne sono stati ispirati.

Xmp: Il worldbuilding storytelling rappresenta la dimensione macro: creare un universo finzionale capace di contenere, potenzialmente, storie infinite…l’environmental storytelling ne è il complemento micro: un ambiente che in qualche modo guidi le azioni e le possibili scelte del giocatore, orientandole nelle direzioni funzionali all’avanzare la storia. E del resto ogni luogo ha una storia da raccontare (la scena del delitto è l’esempio più scontato…)…è forse questa la tecnica migliore che i videogame hanno da insegnare a chi debba creare narrazioni distribuite ed immersive?

Luca Giuliano: Oggi i videogame possono svolgere questa funzione “pedagogica” perché il gioco di ruolo non ha più la diffusione che aveva conseguito fino agli inizi degli anni Novanta. Però questo è proprio il senso più autentico del gioco di ruolo “delle origini” (e del romanzo fantasy). Sono i luoghi la fonte primaria della narrazione ed è proprio Tolkien che ce lo svela quando disegna la mappa della Terra di Mezzo per aiutare il lettore a seguire il viaggio di Bilbo ma anche come cornice dell’Altrove del Mondo nel quale il narratore stesso sviluppa la sua rete. Nel Dungeon i luoghi si susseguono ponendo ai giocatori sfide e problemi da risolvere seguendo due modelli principali: il modello della Quest tipico del ciclo Arturiano e, come ricordi tu giustamente, quello della detective story.

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Xmp:  Lance Weiler, uno dei guru del transmedia storytelling, parla delle narrazioni, degli universi finzionali, come i veri nuovi social network…

Luca Giuliano: Non saprei dire se i veri social network si iscrivono all’interno della condivisione di universi finzionali. Certamente posso confermare che senza il sostegno della narrazione e di una identità che si rispecchia reciprocamente in un universo coerente la persona ne esce “disintegrata”. Insomma in una “realtà altra” non può prendere vita un altro da sé che non sia un personaggio. Nel 2007-2008, il momento di maggior successo di Second Life, ho scritto di questo destino ineluttabile che avrebbe travolto quella “successione di maschere vuote” che era tecnologicamente affascinante ma priva di regole condivise e di senso ludico. Con Second Life, abbandonata rapidamente dai suoi avatar, si sviluppava contemporaneamente il grande progetto di World of Warcraft e dei MMORPG che invece sta ancora proseguendo senza cedimenti. Nel frattempo è arrivato Facebook, però questa è un’altra storia.

Xmp:  Mi sembra che in questo filone di studi latiti la chiarezza terminologica…transmedia o crossmedia? Possono essere usati indifferentemente? O rimandano a fenomeni diversi?

Luca Giuliano: Francamente non vedo la differenza. Mi sembrano solo nominalismi.

Xmp:  Cosa è accaduto ai GdR con la diffusione di massa di internet? Si è trattato di un semplice cambio di ‘supporto’? Oppure i GdR tradizionali, con dadi e carte, sono morti, e quelli che vediamo online, come i MMORPG, sono qualcosa di radicalmente diverso?

Luca Giuliano: Il gioco di ruolo “tradizionale” ha trovato in internet un ambiente ideale per diffondersi all’interno di cerchie ristrette ma molto attive di fans. Pensiamo al fenomeno ora importante dell’editoria indipendente (indie) e al prestigio acquisito nel nord Europa da diverse forme di gioco di ruolo dal vivo, compreso il jeepform scandinavo. Dall’editoria online, anche con diffusione di materiali con licenza “creative common”, con modalità open e download gratuito, alcuni prodotti meritevoli arrivano poi al formato più professionale, alla stampa su supporto cartaceo, anche grazie all’impegno di alcuni editori “illuminati” che fanno leva sul sostegno di associazioni e gruppi di volontari. Tutto questo sarebbe impossibile senza la rete.
I MMORPG non sono qualcosa di estraneo al gioco di ruolo. Moltissimi sono i giocatori che si muovono tra l’una e l’altra delle modalità, indifferentemente, ed in ogni caso vi sono in comune le stesse pulsioni, gli stessi interessi. Il gioco di ruolo online non è un “figlio degenerato” del role playing game. E la sua incarnazione più tecnologica in questo momento. Forse, tra qualche anno sarà soppiantato dal “Simulatore Ambientale Olografico” di Star Trek.

Holodeck

Xmp:  Le caratteristiche irrinunciabili perché un ipertesto possa essere generativo?

Luca Giuliano: Un ipertesto generativo deve contenere in sé il potenziale per dare vita a un “mondo possibile”, esplorabile, con regole coerenti, nel quale gli eventi accadono secondo determinate cause e producono degli effetti in gran parte irrevocabili. Un ipertesto generativo rappresenta un terreno nel quale tracciare i sentieri della narrazione.

Xmp:  Esistono esempi italiani significativi – sia per caratteristiche che per diffusione tra il pubblico – di ipertesti generativi? E qualora la risposta fosse no, quali i motivi?

Luca Giuliano: Escludiamo a priori i giochi di ruolo che, quando hanno abbastanza successo da pubblicare i supplementi in forma di sourcebooks, rappresentano la forma specifica dell’ipertesto generativo. Se ci rivolgiamo alla letteratura tutti sappiamo che in Italia non c’è mai stata molta sensibilità verso la narrazione fantastica. Non stiamo qui a elencarne le cause. Sicuramente vi è stata nel Novecento una diffidenza della critica letteraria verso la narrazione simbolica, metaforica, neogotica e, complessivamente, “non realistica”. Ho partecipato a diversi dibattiti sulla fantascienza e sulla fantasy nei quali si metteva in evidenza come solo negli ultimi anni si sono fatti avanti autori che hanno saputo muoversi in modo efficace all’interno dei “generi”. Uno di questi autori, probabilmente il primo ad acquisire una fama internazionale, è stato sicuramente Valerio Evangelisti. Una saga come quella di Eymerich nasce inevitabilmente da un ipertesto “implicito” che si intuisce tra le righe dei romanzi ma che rimane ben custodito nei cassetti dell’autore. Lo stesso si può dire del Mondo Emerso di Licia Troisi. Gianfranco De Turris si è impegnato per anni nel nobilissimo intento di riscattare questa che veniva classificata come letteratura minore o di “evasione”. Detto questo, l’ipertesto generativo per eccellenza della letteratura italiana è, a mio parere, Le città invisibili di Italo Calvino, e poi Il castello dei destini incrociati.

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Xmp:  Cosa pensi della gamification? Un’etichetta nuova per pratiche in uso da tempo, o qualcosa di effettivamente innovativo?

Luca Giuliano: Ho partecipato recentemente a un incontro sulla gamification. Francamente, navigo per questi mari da più di trent’anni e mi sembra che non ci sia nulla di particolarmente innovativo. E’ stata sicuramente una bella invenzione di marketing per rivendere cose già note. Gli americani in questo sono bravissimi. Non riesco a vedere nulla di nuovo quando si parla di applicare il gioco a pratiche di apprendimento, addestramento, comunicazione pubblicitaria o quant’altro. E’ interessante come il gioco non abbia nessuna forma di “storicizzazione” perché non è una disciplina scientifica e nemmeno una tecnica. Così accade che ogni dieci, quindici anni ci sia qualcuno che “scopre” qualcosa di vecchio e buono e lo rivenda per nuovo. Va bene così, se può servire a sbloccare il cervello e a far capire alla gente che il gioco è la fonte primaria di ogni innovazione culturale.

Grazie ancora a Luca per la disponibilità e per questo splendido, rasserenante e condivisibile finale…’il gioco è la fonte primaria di ogni innovazione culturale’…
A presto.

Cor.p

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