Come ho già avuto modo di dire l’espansione del flusso narrativo su più piattaforme mediali non necessariamente pressupone la disponibilità di budget elevatissimi. Se prodotti costosamente mainstream come Matrix, Lost, Avatar sono frequentemente citati nei transmedia studies, The Blair Witch Project, prodotto indie per eccellenza, è altrettanto spesso menzionato come caso di studio seminale…e come non citare nuovamente Lance Weiler, che ha costruito gran parte della sua fama e carriera da transmedia guru grazie a produzioni lontane dai circuiti mainstream (The Last Broadcast, Head Trauma, Pandemic 1.0…).
Su queste stesse traiettorie si muove The Cosmonaut, franchise transmediale spagnolo ideato e realizzato dal collettivo indipendente Riot Cinema, il cui lancio mondiale avverrà attraverso un’intensa serie di eventi – la Cosmonaut Week – dal 13 al 18 maggio.
Circa la metà del budget complessivo (860.000 dollari) è stata raccolta attraverso la piattaforma di crowdfunding spagnola Lanzanos, grazie alle donazioni libere (soglia minima 2 euro) di 4.500 persone.
The Cosmonaut, prodotto che definirei entusiasticamente indipendente, è ambientato a cavallo tra la fine degli anni Cinquanta e la prima metà degli anni Settanta, quando la sfida tra le due superpotenze – Usa e Urss – trovò nella corsa allo spazio e alla conquista della luna un ulteriore ambito in cui dimostrare la propria supremazia. La storia inizia nel 1967: Stas e Andrei, giovani amici, arrivano al centro di addestramento per cosmonauti russi Zvezdny Gorodok, più comunemente noto come Star City. Vivranno in prima persona gli intrighi, le lotte di potere, gli abusi, i successi ed i tragici fallimenti russi nella corsa allo spazio. E conosceranno Yulia, giovane ingegnere delle telecomunicazioni, con cui intesseranno un profondo rapporto di amicizia…
Molta parte della storia trae ispirazione dal mito dei Lost Cosmonauts, martiri russi della corsa allo spazio, astronauti scomparsi nel nulla, nei primi fallimentari lanci orbitali del colosso comunista, rimasti segreti proprio per questo loro tragico epilogo. In sintesi i sostenitori dell’esistenza dei cosmonauti perduti ritengono che Yuri Gagarin non sia stato il primo uomo a raggiungere lo spazio, ma il primo a tornarne vivo. Nella realtà non esistono prove incontrovertibili sull’esistenza di cosmonauti sacrificati alla causa comunista, ma buona parte del fascino del franchise deriva proprio dalla capacità di calare tematiche e scenari tipicamente Sci-Fi in un contesto storico – quello degli anni della guerra fredda – ancora radicato nella memoria collettiva.
Intorno al nucleo centrale, rappresentato da un lungometraggio, il franchise raccoglie svariati contenuti transmediali, tra i quali 35 webisodes lunghi dai 2 ai 15 minuti, due documentari (The Hummingbirs e Fighting Of) e due volumi cartacei (The Voyage of the Cosmonaut e Poetic for the Cosmonaut).
I webisodes – realizzati utilizzando parte del girato rimasto fuori dal lungometraggio, o filmati ad hoc – approfondiscono aspetti che rimangono oscuri nel corso del film. Il più significativo è probabilmente The Moon Files, che svela cosa accade a Stas quando, subito dopo l’allunaggio, perde temporaneamente il contatto radio con la terra.
Hummingbird è invece un mockumentary: tre filmakers seguono la troupe di The Cosmonaut in Russia per girare il making of del film. Vengono contattati da Anna, che si presenta come la figlia di uno dei cosmonauti dispersi; decidono di indagare, andando alla ricerca di prove dell’esistenza di questa pagina oscura e segreta nella storia dell’agenzia spaziale russa, visitandone i luoghi e raccogliendo testimonianze.
The voyage of the cosmonaut è un libro da collezione, una sorta di album di ricordi dei tre protagonisti del film: foto, appunti, annotazioni private intrecciate con gli eventi storici che fanno da sfondo alle vicende di Andrei, Stas e Yulia. Come detto il franchise comprende anche un altro libro, Poetics for Cosmonaut, sorta di poema visionario sull’epopea spaziale, ed un secondo documentario Fighting of, su cui tornerò più avanti…
La scelta di realizzare un racconto che si sviluppa lungo traiettorie transmediali deriva dalla convinzione dei tre autori – Nicolas Alcala, Carola rodriguez e Bruno Teixidor – che il cinema abbia un suo punto di fascino insuperabile nella fruizione in sala, ma debba adeguarsi a tempi in cui la fruzione mediale espansa è ormai la regola. Il cinema deve farsi esperienza, ancor più di quanto non lo sia sin dalle sue origini:
Cinema seems trapped in films which last 90 to 120 minutes for reasons now obsolete (film cans, advertising pauses…).
The Cosmonaut è un franchise transmediale che trovo interessante per molteplici ragioni…le modalità di finanziamento, il modello distributivo, la capacità di creare e gestire una community estremamente partecipe, l’entusiasmo e la freschezza trasmesse dai suoi tre ideatori, il loro essersi consapevolmente proposti (mossa assai intelligente) come caso di studio…e la grande, sinergica, coerenza con cui tutti questi elementi sono stati declinati. Tutti aspetti su cui tornerò nella seconda parte del post.
Per ora aggiungo solo che, come brevemente detto sopra, il lancio del film avverrà in una serrata settimana di eventi, la Cosmonaut Week: la premiere di Madrid (14 maggio) sarà seguita da conferenze, think tank e proiezioni in diverse città del mondo, richieste ed organizzate grazie al supporto dei fan (in Italia il film verrà proiettato a Bologna nella sala Kinodromo). La settimana si concluderà con la proiezione evento a Barcellona (18 maggio). Da quel momento (fra sei giorni…) il film sarà disponibile gratuitamente in rete.
A presto.
Cor.P
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