Transmedia Videogame: Halo e Josh Holmes alla View Conference 2012


Halo è un franchise videoludico, sviluppato a partire dal 2001 per la console Xbox della Microsoft. Dopo il successo degli esordi, l’universo di questo sparatutto si è espanso attraverso romanzi, serie a fumetti, serie di animazione e un’enciclopedia.
I romanzi, pur se organizzati in trilogie, sono autoconclusivi. La prima trilogia, che comprende La caduta di Reach, I Flood e Il primo attacco, narra eventi antecedenti e/o contemporanei alle trame dei giochi. La seconda, composta da I Fantasmi di Onyx, Contatto su Harvest e Il Protocollo Cole esplora invece linee narrative diverse da quelle della saga principale, ma comunque legate ad essa. La terza trilogia – Cryptum, Primordium e Silentium – torna indietro di migliaia di anni per parlare della mitica civiltà dei Precursori e della costruzione degli stessi Halo. Un’ulteriore trilogia, chiamata Kilo-5, narrerà di eventi successivi ad Halo 3 ed a I Fantasmi di Onyx.
L’enciclopedia è invece un ponderoso volume di oltre 350 pagine, sorta di guida spaziotemporale per addentrarsi, ed orientarsi, nei meandri di questo universo videoludico.
L’esordio a fumetti è datato 2006, con una graphic novel divisa in quattro racconti distinti, che colmano alcuni dei misteri lasciati irrisolti dal videogioco.
Nel 2007 la Marvel pubblica una miniserie a fumetti di quattro episodi, Halo Uprising, incentrata su vicende avvenute tra Halo 2  e Halo3. Halo:Helljumper e Halo: Bloodlines sono altre due miniserie che, come la prima, sono pubblicate in Italia dalla Panini. Halo: fall of reach è infine l’adattamento a fumetti del romanzo omonimo.
Halo Legends è invece una serie di sette corti animati usciti in Italia in Dvd nel 2010. Sul modello di Animatrix per Matrix, i corti raccontano eventi ancora non svelati in questa epopea ludica.
Quello di Halo è quindi un universo transmediale molto complesso e piuttosto peculiare. A differenza di altri franchise videoludici di successo planetario, non ha infatti ancora trovato un’espansione cinematografica (la fase progettuale del film, che aveva coinvolto grandissimi nomi del mainstream cinematografico mondiale, è interrotta ormai da tempo). Interessante anche il fatto che l’espansione transmediale realizzata con il romanzo La caduta di Reach, sia stata a sua volta oggetto – come visto – di un adattamento a fumetti. Questo rende evidente come in un franchise transmediale coesistano momenti di effettiva espansione dell’universo narrato (transmedia storytelling) e momenti di forte ridondanza (transmedia adaptations).
È in ogni caso chiaro quanto l’esistenza di una visione centrale, capace di stimolare l’espansione dell’universo ed al contempo garantirne una coerenza complessiva, sia di vitale importanza per il successo di questi franchise.
Josh Holmes
Di questo e tutti gli altri aspetti connessi al mondo Halo parlerà Josh Holmes il 16 ottobre prossimo a Torino, nel corso della ViewConference. Holmes, apprezzato disegnatore e produttore di videogiochi, è infatti conosciuto principalmente per il suo lavoro come produttore esecutivo e poi direttore creativo del videogame Halo. Attualmente è direttore creativo alla 343 Industries, la videogame factory della Microsoft, costituita proprio per occuparsi dello sviluppo e della promozione transmediale del franchise, con la costruzione di storie distribuite su molteplici media, ma legate tra loro. Il 6 novembre lo studio pubblicherà il primo titolo videoludico sviluppato internamente, Halo 4. Significativamente l’intervento di Josh alla ViewConference sarà intitolato Halo Reborn: Building a Studio, Crafting a Universe a sottolineare come la costruzione di prodotti di questo tipo non possa prescindere da un apparato produttivo strutturato ad hoc e dotato di professionalità di altissimo livello ed altrettanto elevata specializzazione.
A presto.
Cor.P
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La narrazione crossmediale secondo l’enciclopedia Treccani


Vi segnalo rapidamente un articolo sulla Narrazione Crossmediale, uscito oggi sul sito dell’enciclopedia Treccani.
In realtà non concordo con l’interpretazione amplissima del concetto di narrazione crossmediale fornita dall’autore Francesco Ursini, che rifacendosi alla griglia concettuale proposta nel 1925 dallo strutturalista russo Boris Viktorovič Tomaševskij nel suo Teoria della Letteratura, vi ricomprende anche il remake (stessa fabula e stesso intreccio) ed il retelling (stessa fabula e diverso intreccio). Ma in questi casi, quale sarebbe la fondamentale differenza rispetto al caro, vecchio, adattamento? Da quest’ultimo il narrare crossmediale differisce invece proprio perchè non si limita a ri-raccontare la stessa storia – magari in un modo diverso – ma ne racconta un pezzo in più, come ormai consolidato nella letteratura sull’argomento…

Ringrazio Giancarlo Manfredi di WebTrekItalia per avermi segnalato l’articolo.

A presto

Cor.P

Soaps in Transmedia (3)


Eccoci alla terza parte del pezzo di Giada Da Ros sulle Soaps in Transmedia…per chi se le fosse perse, qui ci sono la prima e la seconda parte.
Buona lettura

Cor.P

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Da una medium all’altro, alla ricerca del pubblico perduto: Fino alla metà degli anni Settanta il rating delle soap di maggiore successo si mantiene stabilmente al di sopra del 10%, con picchi che in alcuni casi, come per  As The World Turns nel 1963-1964, si avvicinano o superano il 15%. Dalla seconda metà degli anni Settanta si registra una flessione del rating, che rimane comunque, fino alla prima parte degli anni Novanta, superiore all’8%. E’ nella stagione 1994-1995 che la serie di maggiore successo, The Young and the Restless, scende al 7,5%…negli anni successivi l’emorragia di spettatori, per le soap opera del daytime, diventa sempre più massiccia e nella stagione 2010-2011 la soap più seguita (ancora the The Young and the Restless) si attesta al 3,6%.

In questo contesto il fenomeno delle novellizzazioni, di cui ho parlato nel post precedente, rimane rilevante. Ma se negli anni Ottanta il senso di queste operazioni era evidentemente quello di sfruttare su più piattaforme il successo conquistato sul piccolo schermo, a partire dalla seconda metà dei Novanta il tentativo diventa quello di racimolare altrove quel pubblico che in tv si sta via via disperdendo. Dei molti possibili esempi, mi limito a quelli degli ultimi anni. Da Kendal Hart, un personaggio di All My Children, nel 2008 si è avuto Charm!, un roman à clef; a due dei personaggi di As the World Turns/Così Gira il Mondo si devono invece libri che raccontano gli eventi della città: Katie Perretti ha dato alle stampe Oakdale Confidential: Secrets revealed (2006), mentre Henry Coleman scrive The Man from Oakdale (2009), recensito, o comunque commentato, dalla stessa Perretti e da altri personaggi della soap. In merito ecco, ad esempio, il blurb di Margo Hughes, capo della polizia dell’immaginaria cittadina di Oakdale: “Henry Coleman merita di essere arrestato per aver scritto questo libro”.

La vera autrice, Alina Adams, Creative Content Producer per As the World Turns  e Guiding Light, ha pubblicato anche Guiding Light: Jonathan’s Story (2008), dedicato alle vicende del figlio di Reva, interpretato da Tom Pelphrey, nel periodo in cui era fuori dal cast televisivo. Legato alla stessa soap anche il precedente  Lorelei’s Guiding Light: an intimate diary (2002) che svela, come descrive la quarta di copertina, la “Lorelei che gli spettatori del programma non hanno mai visto – la storia e le emozioni, le speranze e i sogni che l’hanno resa la stella di un dramma umano indimenticabile”. L’autrice è Beth Chamberlin, che ne interpreta il personaggio in Sentieri.

Ancora più recente, ed anche in questo caso scritto da un’attrice, Carolyn Hennesy (nota per una serie di libri per pre-adolescenti del ciclo Pandora’s Mythic Misadventures) è The Secret Life of Damian Spinelli (2011) in cui l’hacker di General Hospital, noto come The Jackal, rivela vicende inedite sugli abitanti di Port Charles all’avvocato Diane Miller, che nella serie è interpretato  proprio dalla Hennesy.

Questi libri, di solito non elevatisi oltre il livello di un mediocre romanzo rosa, non hanno avuto un grande successo. I fan li hanno apprezzati solo quando sono li hanno percepiti fedeli al canone delle serie di riferimento, attaccandoli invece in maniera aspra in caso contrario.
In queste circostanze incoerenti, l’espansione narrativa crossmediale può quindi rivelarsi un’arma a doppio taglio, come sottolinea Raquel Gonzales in From Daytime to Night Shift (un saggio nel già citato The Survival of Soap Opera, menzionando il caso dello spin-off General Hospital: Night Shift, in onda per due stagioni (a partire dal 2007), di tredici e di quattordici episodi, sul canale via cavo dedicato SOAPnet, e lanciato come “un grande passo per la ABC verso questo trend di distribuzione online, con il programma accessibile su ABC.com, AOL Video, Verizon’s Soapnetic, iTunes e ABC Mobile”.

Night Shift – ibrido fra soap serale e diurna con episodi autoconclusivi, sul modello di Grey’s Anatomy – riprendeva alcuni personaggi principali dalla matrice General Hospital, introducendone però di nuovi. In onda una volta a settimana, la serie mostrava i personaggi dell’ospedale durante il turno di notte. La seconda stagione, sceneggiata da Sri Rao, venne meglio accolta da pubblico e critica. La prima stagione, scritta da Robert Guza jr, autore della soap madre, aveva invece disorientato il pubblico: secondo Gonzales “i tentativi di riconoscere General Hospital ed il suo spin-off come un unico canone narrativo sono resi impossibili a causa delle contraddizioni fra le loro rispettive storyline e linee di sviluppo dei personaggi […]; capire il canone è cruciale per i fan perché gli spettatori spesso basano il loro ‘capitale culturale’ delle soap sulla conoscenza del canone”.  Due brevi esempi: nello stesso tempo diegetico in General Hospital Jason si trova in un carcere di massima sicurezza, mentre nello spin-off gli viene comminata una pena alternativa, lavorare come inserviente in ospedale; in General Hospital Maxie e Spinelli sono in buona salute, mentre nello spin-off la prima è in arresto cardiaco, e il secondo, dopo essersi sparato ad un piede, si muove con le stampelle…
È evidente come per gli spettatori diventi difficile riconciliare eventi così contradditori. La situazione, per gli spettatori più affezionati, risultò ancor più irritante quando, dopo la chiusura di Night Shift,  alcuni dei nuovi personaggi passarono nel cast di General Hospital, spiazzando chi non aveva visto lo spin-off.

Caso a se stante, bizzarro ed isolato, è quello della sinergia (datata 2006)  tra Guiding Light e la Marvel Comics.  La major dei fumetti inserisce in un albo una storia di otto pagine con Harley che incontrava gli Avengers e i Sinister Six mentre in Sentieri, in uno degli episodi conosciuti come Inside The Light, i personaggi vengono fumettizzati e Harley diventa un’eroina dai super poteri per un giorno, complice una scarica elettrica di corrente che la fa finire in ospedale. “(I)l fumetto è un interessante esempio di trans-media storytelling. Springfield la città comune per antonomasia in cui si svolgono le vicende di Guiding Light, è incorporata senza sforzo nell’universo Marvel (piuttosto che, per dire, far viaggiare gli eroi della Marvel in una dimensione alternativa). Il finale da cliff-hanger serializzato accenna anche alla possibilità di futuri intrecci del plot” (Sudsy Superheroes and Transmedia Storytelling, or, Why Comic Book Heroes Do It Better). Questi intrecci non hanno mai visto un ulteriore sviluppo e l’esperimento, visto ex-post, appare un ennesimo tentativo, occasionale e velleitario,  di rincorrere il pubblico perduto.

Da questo punto di vista sembrano più giustificabili, e meglio concepite, le occasioni in cui la soap torna al suo primo amore, la radio, seppure rimediata in chiave digitale. In questo ambito ha avuto una certa fortuna  The Clarence B&B Update, in cui Brad Sanders, noto al pubblico radiofonico come Cla’ence, fa un sunto settimanale delle vicende di Beautiful in chiave comica, ridoppiando le voci dei personaggi in alcuni flash del programma. L’aggiornamento, nato come sketch comico quotidiano  per Febbre d’amore, è disponibile sul sito di Beautiful. Simile l’idea sviluppata nel 2007 in Sud Africa per parodiare DAYS, con la trasmissione radiofonica (poi podcast) in 75 puntate Days of Our Mornings.

Ovviamente, in questa rincorsa delle soap all’audience perduta, la rete ha avuto un ruolo fondamentale, sul quale mi concentrerò nella quarta parte.

A presto.

Giada Da Ros

Soaps in Transmedia (2)


Eccoci alla seconda parte del pezzo di Giada Da Ros sulle Soaps in Transmedia…per chi se la fosse persa, qui c’è la prima parte.
Buona lettura

Cor.P

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Il periodo dei trionfi e le prime incertezze: Il primo esempio di crossmedia storytelling nel daytime drama, lo dobbiamo probabilmente alla soap opera gotica – diventata un cult – Dark Shadows (1966-1971). Uno dei personaggi più amati della soap, il vampiro Barnabas (Jonathan Frid), sarebbe diventato un modello di ispirazione per Angel in Buffy, ma il programma contava anche sulla presenza di streghe, licantropi e dimensioni parallele, diventando la prima soap ad inserire il sovrannaturale all’interno del plot.

La storia, che nella versione originale è tornata sul mercato in VHS prima e in DVD poi, è stata ripresa in televisione nel 1991, in prime time, sulla NBC. Nel 2004 se ne era fatto un nuovo pilot che non è mai diventato una serie intera. A dispetto della sua breve durata come soap, Dark Shadows ha avuto una longevità senza pari su altri media, al cinema prima di tutto, dove si è riproposta con tre film: “House of Dark Shadows” (1970), prodotto e diretto dall’ideatore della soap Dan Curtis, con parte del cast che ha ripreso i ruoli originari; Night of Dark Shadows, pure diretto da Dan Curtis (1971); e Dark Shadows, una pellicola la cui uscita è prevista nel maggio del 2012, con la regia di Tim Burton e Johnny Depp nel ruolo di Barnabas. Da citare anche la novellizzazione: una serie di romanzi, negli anni della messa in onda, sono stati firmati sotto pseudonimo dall’autore canadese Dan Ross a cui sono seguiti due romanzi scritti da Lara Parker, che nella serie interpretava la strega Angelique, disponibili anche come audiolibri; e Dreams of the Dark, scritto a quattro mani, nel 1999, da Elizabeth Massie e Stephen Mark Rainey.

La soap è stata accompagnata anche da due serie a fumetti – la prima di 35 numeri, collegata alla soap originaria, la seconda al remake degli anni ’90 – da una piéce teatrale in scena durante una delle molte convention sulla soap, e da una serie originale di audio drama. Più sul versante merchandising che su quello dell’estensione narrativa, vanno citati anche puzzle, giochi di società, riedizioni in view-master ed oggettistica varia, che contribuiscono a rendere Dark Shadows un esempio solidissimo di televisione convergente, con un’estensione e rinnovo affabulatorio crossmediale che nel genere non trova molti paragoni.

Al di là del prodotto di Dan Curtis, il periodo che va dai Sessanta agli Ottanta è l’età dell’oro delle soap opera: sono molte e riscuotono molto successo, sia nella terra d’origine, dove i rating sono molto alti, sia all’estero. In Italia, la nascita della televisione privata negli anni Ottanta ha un ruolo fondamentale nell’amplificarne il successo, avvantaggiandosene a sua volta.

È il periodo del grande pubblico e, conseguentemente, dei grandi budget, delle location esotiche, della libertà degli sceneggiatori, che non subiscono troppe interferenze dai network  che, soddisfatti dei numeri, mostrano un approccio meno interventista sugli script. Scoppia l’editoria specializzata (Soap Opera Digest, Soap Opera Weekly, Soap Opera Update) e non mancano esempi di divertissement in musical, legati alle trame dei programmi (General Hospital e I want to live in Santa Barbara). Paradossalmente, proprio questo grandissimo successo sul piccolo schermo sembra non far avvertire l’esigenza di espansioni narrative sul altri media. Gli anni Ottanta non sono quindi anni particolarmente fertili in un’ottica di soaps in transmedia.

Una delle rare eccezioni è la nascita di una serie di romanzi rosa, della casa editrice Seltzer, che immette sul mercato delle collane, note come Soaps & Serials, ispirate a sei soap opera del daytime (Febbre d’amore, DestiniSentieriIl tempo della nostra vita, Così gira il mondo e Capitol) e due del primetime (Dallas e Knots Landing). “Seltzer non aveva mai visto una soap opera. Nondimeno, ha intuito che doveva esistere un mercato per libri basati sui programmi. Ha studiato i dati statistici relativi al pubblico delle soap opera e ha domandato se qualcuno avesse mai prodotto una serie continuata di romanzi basati sulle soap. Poi si è rivolto alle compagnie di produzione delle soap opera, per negoziare i diritti di licenza per la pubblicazione di novellizzazioni delle loro serie” (su ABC Soaps – Flashback: Soaps & Serials 1986).

È con l’arrivo degli anni ’90 che il genere comincia a mostrare qualche incertezza. Vengono immesse sul mercato videocassette con spezzoni di diversi episodi, raggruppati secondo uno specifico argomento: Luke and Laura Vol.1: Lovers on the Run e Luke and Laura Vol.2: The Greatest Love of All (volume 2), sunto delle vicende della coppia emblema di General Hospital; tre volumi dei Daytime Greatest Weddings, dedicati rispettivamente ai matrimoni di General Hospital, One Life to Live e All My Children; altre serie di vhs vengono a specifici personaggi di che negli anni hanno mostrato una grande presa sul pubblico: All My Children: All about Erica (sull’iconico personaggio interpretato da Susan Lucci in AMC/La Valle dei Pini), Guiding Light: Reva – The Scarlet Years (sull’eroina interpretata da Kim Zimmer in GL/Sentieri) e Guiding Light: Roger Thorpe – The Scandal Years (sul “cattivo” interpretato da Michael Zaslow in Guiding Light/Sentieri), Daytime’s Most Wanted: Men of Passion, sugli “uomini di passione” delle soap della ABC.

Operazioni di questo tipo possono essere lette in un’ottica transmediale, e non come semplice merchandising, proprio per le peculiarità del genere. Fino al 2000 – anno a partire dal quale la diffusione delle puntate delle soap su piattaforme multiple diventa pratica frequente – le possibilità di recuperare e rivedere episodi passati sono praticamente inesistenti. Rare le eccezioni, come quella di Sunset Beach; interrotto per un paio di settimane nell’estate del 1997 per rimandare in onda puntate nodali. Tuttora, generalmente, eventuali repliche riguardano episodi temporalmente molto vicini a quelli in onda per la prima volta e non ci sono archivi ufficiali a cui accedere per poter vedere il materiale passato. Recuperare episodi diegeticamente (ma anche quanto a data di prima televisiva) lontani nel tempo diventa sostanzialmente impossibile.

Ma le vicende delle soap si radicano fortemente in un passato che è indispensabile conoscere per ricavare quel piacere della costruzione paradigmatica  di cui parlavo nella prima parte, che è tipicamente collegato alla fruizione di questi prodotti. In questo senso, applicando in maniera un po’ più ampia il concetto di transmedia storytelling, la messa in commercio ufficiale di videocassette come quelle descritte costituisce un modo di presentare del materiale di fatto altro rispetto alla narrazione attuale, materiale che la integra e la amplia, rappresentando un’ulteriore declinazione sui generis di crossmedia storytelling. L’editing stesso, operando una selezione ufficiale, recupera al canone ciò che è ritenuto rilevante e ne amplia comunque attraverso un canale diverso da quello televisivo (le VHS) il flusso narrativo.

Per il valore mnemonico che ricoprono, possono essere letti nella stessa maniera, come transmedia memories, anche una serie di libri commemorativi (General Hospital: the Complete Scrapbook, All My Children: the Complete Family Scrapbook, One Life To Live: Thirty Years of Memory, The Young and the Restless: Most Memorable Moments, Guiding Light: the Complete Family Album, As The World Turns: the Complete Family Scrapbook, The Bold and the Beautiful: A Tenth Anniversary Celebration). Negli anni ’90, le novellizzazioni transmediali in senso più stretto sono invece state poche. Vale la pena citare Robin’s Diary: scritto in forma di diario, riprende una delle storyline più significative e potenti di General Hospital: Robin Scorpio, che gli spettatori conoscono fin da bambina piccola, da adolescente si innamora di Michael “Stone” Cates, che muore di AIDS, lasciandola sieropositiva.

Un altro esempio è stato il Patrick’s Notebook. In One Life To Live/Una vita da vivere, il personaggio di Patrick Thornhart, che risulta l’autore di questo libro, si porta dietro un taccuino in cui registra i propri pensieri e le sue poesie preferite. Il volumetto è idealmente quel taccuino, con i suoi pensieri, poesie famose da lui commentate e originali, foto delle soap, e include una audiocassetta in cui l’attore che interpreta Patrick, Thorsten Kaye, legge le poesie in questione.

Nella terza parte, che posterò nella seconda metà di maggio, entreremo con le soap nel nuovo millennio…

A presto.

Giada Da Ros

Alcatraz: oltre l’isola, oltre il piccolo schermo


Esordisce oggi su Premium Crime (ma le prime due puntate saranno visibili in chiaro anche sul canale 309, Premium Anteprima, del digitale terrestre), alle 21.15, la nuova serie prodotta da J.J.Abrams, Alcatraz.

La storia prende il via nel marzo 1963. Due agenti arrivano sull’isola sede del famigerato penitenziario. Ma qualcosa non torna. Le celle sono vuote. I detenuti sono scomparsi, così come le guardie carcerarie. Più di 300 uomini svaniti nel nulla. Fino ad oggi…
Rebecca Madsen, detective del San Francisco Police Department, sta indagando su un atroce caso d’omicidio. Sulla scena del crimine rinviene un’impronta appartenente a Jack Sylvane, un criminale che era rinchiuso ad Alcatraz, dato per morto da decenni. Rebecca tenta di approfondire il mistero, insieme all’agente federale Emerson Hauser e all’esperto della prigione, Diego Soto, scoprendo ben presto che Sylvane è ancora vivo, è tornato a mietere vittime, e non è invecchiato di un giorno dai tempi in cui era rinchiuso nel carcere di massima sicurezza. Ma Sylvane non è solo: altri prigionieri stanno per riapparire dal passato…

J.J Abrams con Lost, Cloverfield e Super8 ha già dimostrato, sul piccolo come sul grande schermo, di pensare i propri prodotti in termini transmediali. Alcatraz, sin dall’esordio, non fa eccezione. Il lancio della serie, avvenuto negli Stati Uniti il 16 gennaio scorso,  è stato preceduto da una campagna di virale marketing transmediale iniziata con l’invio – ad alcuni selezionati esponenti dei media e di fancommunity – di una valigetta metallica contenente un insieme di indizi che hanno fatto da teaser per la serie e da rabbit hole per un alternate reality game (Arg) alla stessa collegato.

All’interno della valigetta si trovavano infatti vari oggetti, tra i quali una brochure del tour Discover Alcatraz del 2011, un fiore bianco essiccato, 2 chiavi con sovrinciso ‘Alcatraz’, una spilla con il logo della Ford Mustang del 1963, alcune cartoline, ritagli di un quotidiano dell’epoca e di un magazine recente.
Più specificamente il primo dei due è un ritaglio del San Francisco Bay Intelligencer del 22 marzo 1963, in cui è possibile leggere un articolo intitolato ‘The Final Lockdown’, dedicato alla chiusura del carcere di massima sicurezza, di cui di seguito riporto il testo:

Thousands of America’s worst criminals were sentenced to hard time in this notorious penitentiary; many died there, others served out the full term of their respective stays, but nobody ever escaped. It was a severe locale that offered little to no promise of hope or redemption.Last night, however, all USP Alcatraz prisoners vacated the premises once and for all.
What was the government’s official reason for closing the facility? In a word: money. Estimates indicate that it was costing over ten dollars per day to house the typical inmate. Compare that to the three-dollar per capita cost at other federal institutions. The financial strain was becoming too exorbitant to bear; shutdown was inevitable.
Prison officials declined our interview requests, citing their prohibitively hectic schedules. Instead, Warden Edwin James issued the following statement to the press:
“This is an immense undertaking. We are completing the transfer paperwork on 256 inmates and working to find comparable positions for all 46 of our federal employees who will be displaced by this transition. But rest assured; our relocation initiative is taking every precaution to preserve the safety of all individuals involved, especially the civilian population at large.”
So, what will become of the ominous rock jutting from our majestic bay? City planners are remaining tight-lipped on the matter, but one thing is for sure: it is indelibly seared into the landscape of our past, our present and our future.

Il ritaglio a colori è invece la pagina 34 del magazine Commerce Quantified, che riporta la recensione del libro Inmates of Alcatraz, scritto da quel Dott.Soto che è un personaggio nella serie televisiva (per inciso interpretato da Jorge Garcia, già presente Lost nella parte di Hurley).

Ecco il testo della recensione:

With his enthralling Inmates of Alcatraz, Dr. Diego Soto goes behind the bars and unlocks the twisted lives of a population formerly lost to history.
If you want a healthy dose of murder, regret and intrigue, don’t resort to watching soap operas – head out to your local bookstore and pick up the latest entry in Soto’s already impressive oeuvre that I like to call ‘Alcatraz revisited.’  He goes beyond the usual suspects (your Capones, your Machine Gun Kellys, your Birdmen) and paints an intimate portrait of dozens of forgotten inmates, each story leaping from the page with ferocity and renewed urgency. It’s as if they’re reanimating before your very eyes!
Despite the human-centric title, the book also delves into the foreboding setting of Alcatraz Island. ‘The Rock’ has never been so jagged, menacing and craggy – every vista provides a skewed take on humanity, Soto-style. He finds a way to transform the irregular outcropping into a shiv of brilliance. It is the judge, jury and executioner in this sordid tale of amorality run akok; no matter how notable the real-life characters in this book may be, they will never overshadow the prison itself.
But don’t take my word for it – Soto’s whimsical prose speaks for itself. Here’s an excerpt from the opening chapter of Inmates:
“Everything about USP Alcatraz is larger than life; the people, the history, even the daily operations boggle the mind. For instance, the feds shipped about a million gallons of fresh water from the mainland every week. Imagine: bringing water to an island. Trip out on that.”
Trip out, indeed. Soto bites into his subject matter like a jubilant piranha, shredding all preconceptions and injecting new blood into the burgeoning subgenre of obscure historiography. He revels in every scrap of evidence, reads them like decaying tea leaves and translates the whispers of the past into thunderous declarations of the now. Suffice it to say, Inmates of Alcatraz is my Book of the Week!

Alcune lettere della recensione sono cerchiate a formare ‘LegendsofAlcatraz’. Digitando su qualsiasi motore di ricerca quelle parole, il primo risultato è il sito della Fox dedicato alla serie televisiva, che fino al 16 gennaio 2012 ha conteggiato i giorni rimanenti al lancio della stessa. Oggi su quello stesso sito vengono veicolati elementi che dimostrano come alla fase teaser stia succedendo la fase arg. Pochissimi giorni fa (il 27 gennaio)  302 fan sono stati chiamati a prendere parte ad una ‘missione’ sull’isola di Alcatraz organizzata dal dott. Soto per farsi aiutare a risolvere alcuni dei misteri dell’isola, per il suo nuovo libro Legends of Alcatraz.

Siamo solo all’inizio, e in questa espansione transmediale non sarebbe sorprendente trovare presto in vendita su Amazon il libro del Dott.Soto dedicato ai misteri di Alcatraz…
Ovviamente on line sono già sorte community dedicate ad Alcatraz e ai suoi misteri. Per i successivi sviluppi televisivi e transmediali della nuova serie di J.J.Abrams vi rimando quindi a drsotofiles, fanblog italiano che ha analizzato i primi tre episodi della serie già trasmessi negli Stati Uniti e le prime fasi dell’arg, e a welcometoalcatraz.com.

A presto

Cor.P

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