The Lost Experience…Lost in Transmedia (3)


…in questo terzo – e ultimo – post dedicato a The Lost Experience (TLE), intendo soffermare l’attenzione su come, in questo arg, vengano concretamente declinati gli elementi ricorrenti di questa nuova forma ludica, elementi che avevo descritto in questo post, ed avevo richiamato in maniera molto rapida alla fine del secondo post dedicato a TLE.

Gli arg si svolgono su molteplici livelli di realtà che, appunto, si alternano nel corso dello svolgimento del gioco: questa è la caratteristica centrale, l’elemento strutturale fondamentale di ogni alternate reality game. In Lost Experience i piani di realtà utilizzati, mediati o immediati, sono molteplici, come del resto evidente dalla descrizione dello svolgimento del gioco stesso. I primi rabbit holes vengono diffusi in televisione, con un passaggio immediato all’utilizzo del telefono, per chiamare uno dei numeri apparsi alla fine di alcuni spot per il piccolo schermo. Subito dopo è il web ad assumere un ruolo fondamentale, sia tramite siti costruiti ad hoc, sia attraverso l’utilizzo di piattaforme preesistenti destinate alla condivisione di user generated content finzionali (i video di Rachel inseriti nel suo blog ma poi rilanciati viralmente su youtube). C’è poi il libro Bad Twin, artefatti diegetici come gli snack Apollo, che appaiono nei locali sotterranei della base nell’isola e nel periodo in cui si svolge l’Experience vengono effettivamente venduti in luoghi ed in occasione di specifici eventi segnalati nel sito apollocandy.com. Nell’incarto di alcuni di questi snack viene segnalato un altro sito (whereisalvar.com) connettendosi al quale i partecipanti ricevono ulteriori elementi per scoprire il destino di Alvar Hanso. Fino appunto ad eventi dal vivo come il blitz di Rachel al San Diego Comic Con del 2006, o ai livepodcast di Djdan. Un flusso ludico che si snoda quindi, tra piccolo schermo, web, eventi dal vivo, carta stampata, web radio, telefonia…alternate reality, appunto;

Gli arg utilizzano frequentemente i meccanismi tipici della caccia al tesoro: come visto l’elemento centrale di TLE è lo Sri Lanka Video, che per tutelare la propria incolumità Rachel posta online segmentandolo in 70 parti, ognuna delle quali visionabile solo recuperando uno specifico codice di accesso. Vale la pena citare alcuni dei luoghi fisici, dei medium e delle circostanze in cui sono stati diffusi questi settanta codici alfanumerici, necessari a ricostruire il video nella sua interezza:

  •  i codici 3 e 4 si trovavano sui bracciali indossati da Jorge Garcia e Damon Lindelof nel corso del Comic Con 2006;
  • il codice 18 si trovava all’interno della rivista ufficiale di Lost;
  • il codice 24 si trovava sulla vetrina di un comic shop lungo la Pitt Street di Sidney;
  • i codici 28 e 36 si trovavano all’interno del magazine People;
  • il codice 39  è stato proiettato su un maxischermo a Times Square;

  • il codice 45 era inserito nella rivista Entertainment Weekly, in una pubblicità della Jeep;
  • il codice 53 era inserito nel sito Monster.com.

È del tutto evidente che la ricostruzione dello Sri Lanka Video è possibile solo attraverso una vera e propria caccia al tesoro, alla rincorsa dei diversi codici alfanumerici necessari a ricomporlo. Una rincorsa che nella maggior parte dei casi richiede al partecipante di spostarsi su media diversi, ma in alcune circostanze lo spinge invece ad una partecipazione fisica, in prima persona.

Gli arg dissimulano – quando non nascondono propriamente – la natura ludica dell’esperienza che si attraversa partecipandovi (Tinag). Per The Lost Experience questo è vero sin da subito, con i primi rabbit holes, inseriti, come detto, in spot televisivi finzionali, ma indistinguibili dagli altri trasmessi nel corso dello stesso stacco pubblicitario. Logica medesima quella degli annunci (in forma di lettera aperta) che la Hanso Foundation fa pubblicare su varie testate statunitensi per smentire il contenuto diffamatorio del libro Bad Twin, fino all’intervento di Hugh McIntyre (responsabile della comunicazione della Hanso, ovviamente interpretato da un attore) nella puntata del Jimmy Kimmel show del 24 maggio 2006.

Tutti elementi che sembrano avere una propria ragion d’essere, del tutto indipendente dalla loro reale funzione di tessere di un mosaico ludico, funzione che viene lasciata volutamente sottotraccia. Ma forse è proprio nel blitz di Rachel al Comic Con 2006 che questa liquefazione dei confini da gioco e realtà – tra qualcosa che accade sono in quanto parte di un meccanismo ludico e qualcosa che invece sta accadendo davvero – raggiunge il suo momento più alto all’interno dell’Experience.

Ivan Askwith, nel suo paper dedicato a Lost Experience, sostiene invece che il fatto che il gioco fosse stato lanciato in una conferenza stampa, descritto esplicitamente come gioco, come esperienza di marketing immersivo, indichi l’abbandono del principio del Tinag. Io direi si tratti piuttosto di una sua declinazione meno ortodossa. Del resto lo stesso Askwith nelle conclusioni del suo paper afferma che:

«ARGs may be able to successfully move away from the more traditional, hard-line “This Is Not A Game” stance that veteran ARG participants are drawn to, in favor of games that declare themselves to be immersive narrative campaigns prior to beginning. That said, ARG producers would be well advised to choose a position on the ‘reality spectrum,’ and design both the campaign and any promotional materials for the campaign, to remain consistent with that position.»

Quello degli Arg, è un fenomeno di crescente rilievo, che coinvolge attivamente centinaia di migliaia di persone, che rimangono comunque una nicchia rispetto al pubblico mainstream. Nell’ambito dei transmedia studies, l’analisi di alternate reality games risulta interessante perché questi giochi, pur essendo solitamente segmenti di ben più ampi franchise transmediali,  ne riproducono in un contesto più circoscritto molte delle caratteristiche salienti. Infatti, come per il transmedia storytelling, anche per gli arg:

  • è richiesto un coinvolgimento attivo del pubblico (che nel Tms è fortemente stimolato, rimanendo comunque opzionale);
  • è richiesto al pubblico di spostarsi da un medium all’altro per seguire e partecipare alle varie fasi del gioco;
  • la complessità degli elementi messi in gioco impone ai partecipanti di mettere in moto dinamiche di intelligenza collettiva. Lost Experience, richiedeva ai suoi partecipanti la capacità di risolvere anagrammi, di usare Photoshop, nozioni di trigonometria, di mitologia classica, una buona conoscenza della Bibbia e della lingua coreana, la possibilità di consultare il People Magazine e l’Entertainment Weekly, un software per convertire file ASCII…è evidente come fosse assai poco plausibile che un singolo partecipante a TLE poteva possedere tutte queste competenze…

Gli arg possono inoltre essere una buona leva per incrementare la socializzazione, la creazione di community intorno ad uno specifico franchise. In fondo l’elevato numero di sitiweb, forum, blog dedicati a Lost dai fan più attivi, e quelli finzionali appositamente creati per espandere i confini dell’isola (ma non necessariamente connessi a TLE o agli altri due arg legati alla serie, Find815 e Dharma Initiative Recruiting Project)  sono il motore ed al contempo il frutto della socializzazione realizzatasi intorno alla serie di Abrams, Lindelof e soci, in un circuito virtuoso in cui l’intelligenza collettiva diventa l’intelligenza al tempo del social, e la narrazione la scintilla sempre più spesso chiamata ad attivarla, realizzando quello che ha in mente Lance Weiler quando dichiara che nel futuro prossimo la condivisione di universi finzionali, di narrazioni, sarà il motore dei social network, anzi sarà essa stessa social network, e più delle piattaforme tecnologiche, saranno gli universi narrativi a diventare luogo di incontro, non solo tra i personaggi che li abitano ma anche tra i fan che li seguono, interagendo fra loro.

Infine gli Arg condividono con il transmedia storytelling la progressiva – direi quasi definitiva – erosione dei confini che separano il marketing dall’entertainment,  l’advertisment dalla narrazione, lo sponsor che finanzia lo spettacolo, dallo spettacolo vero e proprio. Nel transmedia storytelling ogni segmento del racconto, soprattutto se non inserito nella dorsale narrativa principale, oltre ad essere parte della storia, dell’universo finzionale che si sta raccontando, è anche lancio promozionale per gli ulteriori futuri sviluppi del franchise (si pensi ad esempio a Missing Pieces, la serie di webisodes di Lost, diffusi tra la fine della terza e l’inizio della quarta stagione televisiva). In altri termini, nel Tms, il franchise – migrando da un medium all’altro – fa promozione a se stesso. L’Arg Lost Experience, ha raccontato la storia di un personaggio inedito, Rachel Blake, ma è anche stata attività promozionale, implementata a tre diversi livelli. Il primo si rileva nell’utilizzo, per diffondere i codici necessari alla ricomposizione dello Sri Lanka Video, di spot pubblicitari televisivi (Sprite, Jeep, Verizon, Monster.com), che quindi erano advertising in senso stretto e al contempo schegge di narrazione crossmediale. Ad un secondo livello l’Experience ha narrato la vicenda di Rachel Blake ma ha anche (soprattutto!) tenuto alta l’attenzione dopo il termine della seconda stagione, facendo da traino all’avvio della successiva. Infine ad un terzo livello, che da l’indirizzo ultimo a tutta l’operazione, l’Experience, nel suo chiedere ai fan di Lost di mettersi in gioco fisicamente, partecipando ad una caccia al tesoro per scoprire alcuni dei misteri della serie, si è posta, e si pone ancora, a tutti gli effetti, come un riuscito esempio di campagna di marketing esperienziale.

Del resto l’arg si sviluppa sin dagli esordi come gadget ludico-promozionale finalizzato al lancio di più ampi prodotti di intrattenimento, e sviluppa ancor più questa capacità – e volontà – di ibridare materiale promozionale e materiale narrativo. Anche in questo senso The Lost Experience è molto rappresentativo. Come visto alcuni degli indizi e dei codici alfanumerici che i partecipanti all’Experience erano chiamati a raccogliere per ricomporre lo Sri Lanka Video erano nascosti in spot della Jeep, della Verizon, della Sprite, di Monster.com. In alcuni casi, come risulta dai commenti nelle community, l’inserimento di questi sponsor nel flusso del gioco è risultato poco credibile, poco giustificabile dal punto di vista narrativo (questo tipo di critiche si concentrarono soprattutto sul coinvolgimento della Sprite e del suo sito Sublimonal.com). Per Monster.com le reazioni furono molto più positive. Era stato costruito un sito ad hoc, HansoCareer.com in cui la presenza dell’azienda leader del jobrecruiting online, Monster, era giustificata proprio dal fatto che la Hanso le avesse affidato il compito di curare la selezione di nuove figure professionali. Ovviamente questo incarico era finzionale, ma dal punto di vista narrativo reggeva e risultava molto più naturale, convincente ed innovativo di qualsiasi product placement.

Su questo argomento, trovo molto efficace la sintesi fornita da Askwith nel suo – già citato – paper :

«the success of sponsor integration within ARGs will depend, in large part, on selecting sponsors and product lines that match the content of each game’s narrative. The rule here for prospective ARG designers is simple: if a sponsor is integrated into your campaign, there needs to be a plausible and organic reason for their presence. […] In a best-case scenario, however, sponsor brands will do more than fit into a narrative: like the sponsored sites from Monster.com and Jeep, they will position the events of the narrative in the fabric of the real (commercial) world, and in doing so, will enhance the player’s immersion into the alternate reality of the game.»

Con The Lost Experience avrei concluso…

Buon Capodanno a tutti!!!

A presto

Cor.P

Vai al post The Lost Experience…Lost in Transmedia (1) e (2)


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The Lost Experience…Lost in Transmedia (2)


…come dicevo nel post precedente, lo Sri Lanka Video è sicuramente l’elemento centrale di Lost Experience, e l’obiettivo principale di chi vi ha partecipato, ma non ne è la conclusione, che avviene invece nell’ultima decade del settembre 2006, dopo l’ultimo podcast di DjDan e dopo la diffusione del Norway Video.

Quanto ai podcast di DjDan, nei mesi in cui si svolge l’Experience se ne susseguono tredici, diffusi principalmente tramite i siti dajdan.am e radioharvest.com.

Il dj, che chiama i suoi ascoltatori conspiraspies, appoggia la lotta di Rachel contro la HansoFoundation ed anzi, nel suo ultimo live podcast (di cui qui è disponibile la trascrizione integrale) del 24 settembre 2006, ospita in diretta Rachel Blake. Nel corso dei suo intervento Rachel spiega come e perchè sia diventata una hacker, e parla della sua fuga attraverso 8 paesi in 12 giorni. Dice inoltre di essere nel corso di uno spostamento anche nel momento stesso in cui sta andando in diretta, senza specificare meglio dove si trovi.  E giustifica con i rischi che sta correndo diffondendo informazioni di quel tipo,  (‘non ho avuto scelta’) la decisione di segmentare in 70 parti distinte lo Sri Lanka video.
Nel corso del tuo intervento arriva la chiamata di un ascoltatore che spiega di saper hackerare le frequenze radio utilizzati per finalità militari o di sicurezza. Djdan manda in diretta l’intercettazione.  L’audio proviene dal quartiere generale della Hanso Foundation, e rivela che Thomas Mittlewerk ha fatto esplodere il palazzo ed è riuscito a sfuggire all’arresto. A questo punto DjDan  torna in studio e chiede a Rachel di fare chiarezza una volta per tutte. Rachel, prima di interrompere velocemente la conversazione, dice agli ascoltatori di andare sul sito della Abc per scoprire finalmente tutta la verità.
Nel sito della Abc viene appunto diffuso in Norway Video – capitolo finale dell’Experience – in cui Alvar Hanso, dalla Norvegia, dichiara di essere prigioniero di Mittelwerk,  che è il responsabile di tutte le atrocità che chi ha partecipato alla Lost Experience ha avuto modo di scoprire. Alvar rivela inoltre di essere il padre di Rachel…

Per quanto sintetizzato fin qui, è evidente come Lost Experience esemplifichi bene le caratteristiche salienti degli alternate reality game, che avevo descritto brevemente  in un post precedente e che sono schematizzabili in tre tratti distintivi:

– gli arg si svolgono su molteplici livelli di realtà che, appunto, si alternano nel corso dello svolgimento del gioco;

– gli arg utilizzano frequentemente i meccanismi tipici della caccia al tesoro;

– gli arg dissimulano – quando non nascondono propriamente – la natura ludica dell’esperienza che si attraversa partecipandovi (Tinag).

Ma su come in The Lost Experience vengano declinati operativamente questi elementi ricorrenti degli arg tornerò più estesamente nel prossimo post.

A presto

Cor.P

 

Vai al post The Lost Experience…Lost in Transmedia (1) e (3)

 

The Lost Experience…Lost in Transmedia (1)


Lost Experience è un Alternate Reality Game (Arg) lanciato nel maggio del 2006 e conclusosi nel settembre dello stesso anno, tra il termine della seconda e l’inizio della terza stagione televisiva di Lost.

In una storyline parallela a quella della serie per il piccolo schermo, la protagonista è Rachel Blake, figlia di una ex-dipendente della fantomatica Hanso Foundation, di cui ha scoperto le reali e sinistre finalità, celate sotto le ben più accettabili insegne degli scopi umanitari. Convinta che la fondazione sia anche responsabile della morte di sua madre, Rachel dissemina su vari media informazioni riservate della Hanso, per denunciarne le reali, sinistre, mire. Tra queste informazioni settanta codici numerici, che opportunamente raccolti dai partecipanti a Lost Experience, consentono di ricostruire un filmato di oltre sei minuti (lo Sri Lanka Video) contenente rivelazioni utili per comprendere alcuni dei misteri lasciati in sospeso nel corso della prime due stagioni della serie televisiva.

Per chi decide di viverla, l’Experience è quindi una caccia al tesoro, con i codici utili a ricostruire lo Sri Lanka Video sparsi tra siti internet, libri, spot televisivi, riviste ed eventi live.

Inizialmente il focus del gioco è intorno al sito ‘ufficiale’ della Hanso Foundation,  in cui una hacker (Persephone, che solo successivamente si scoprirà essere Rachel Blake) dissemina indizi che mettono in discussione la filantropia delle fondazione.  Come rabbit hole per attirare gli spettatori della serie nell’arg, vengono utilizzati spot della fondazione stessa, mandati in onda sull’ABC, Channel7 e Channel4 nei primi giorni del maggio 2006.  Al termine di questi spot appare un numero di telefono, chiamando il quale una voce registrata indirizza al sito della Hanso, o a sue specifiche sezioni. In questa prima fase viene anche pubblicato il libro Bad Twin, che vede accreditato come autore uno dei passeggeri morti nel volo 815, Gary Troup. In molti quotidiani vengono pubblicati annunci a pagamento della Hanso Foundation, che condanna il libro per aver gettato discredito sulla fondazione. A dire il vero l’esatta relazione tra Bad Twin e Lost non è particolarmente chiara, ed anzi il libro di Gary Troup è forse, tra le estensioni transmediali del franchise, la meno convincente.

Nella fase successiva della Lost Experience si entra quando il sito della Hanso viene chiuso in risposta all’attività di hackeraggio di Persephone. Nascosto nel codice sorgente del sito rimane però il link al blog di Rachel Blake, che apparentemente non è altro che un diario del suo viaggio in Europa. Inserendo codici segreti in specifiche sezioni del blog, si viene però introdotti in un sito  fantasma (stophanso.rachelblake.com) in cui Rachel carica periodicamente video che documentano i suoi tentativi di smascherare la Hanso e il suo nuovo amministratore unico, Thomas Werner Mittelwerk.

In questa sua rincorsa della verità Rachel Blake arriverà a seguire Mittelwerk fin nello Sri Lanka, mentre i partecipanti alla Lost Experience raccolgono altri indizi, sparsi in televisione, in rete o in eventi dal vivo, per poter accedere ai contenuti che Rachel continua a mettere a disposizione nell’area riservata del suo sito.

Una svolta decisiva avviene al San Diego Comic Con del 2006. Il 22 luglio Rachel è mischiata tra il pubblico che assiste al panel di Lost, presieduto da parte del cast e del team autoriale della serie. Quando è il momento delle domande dal pubblico, Rachel si fa consegnare il microfono è si scaglia verbalmente contro le persone sul palco, accusandole di essere d’accordo con la Hanso, di coprirla, insistendo perché ammettano che la fondazione esiste davvero. Infine  – prima di essere portata via dalla security – Rachel urla al resto del pubblico che chi vuole sapere la verità deve connettersi al sito hansoexposed.com.

Da questo momento l’obiettivo dei partecipanti alla Lost Experience è raccogliere i settanta codici numerici che consentono di mettere insieme le singole parti dello Sri Lanka Video girato di nascosto da Rachel Blake. Nel video, le cui rilevazioni sono il premio per i fan di Lost così onnivori da partecipare in maniera attiva e costante all’Experience, Mittelwerk proietta un filmato orientativo di Alvar Hanso che svela molti segreti sulla Dharma Initiative, avviata a metà degli anni ’70 del secolo scorso per cambiare le sorti dell’umanità, predette nella cosiddetta Equazione di Valenzetti (4 8 15 16 23 42), le cui cifre ricorrono numerose volte nel corso della seconda stagione della serie televisiva, ma il cui significato viene svelato solo nel corso di questo arg. Il progetto Dharma, con  azioni volte a intervenire su fattori ambientali ed umani, aveva quindi proprio lo scopo di modificare le cifre dell’equazione di Valenzetti, costantemente trasmesse dalla stazione radio nell’isola.

Lo Sri Lanka Video è sicuramente il cuore dell’Experience, ma non ne rappresenta la conclusione, per la quale vi rimando al prossimo post…

A presto

Cor.P

Vai al post The Lost Experience…Lost in Transmedia (2) e (3)

Alternate Reality Games (Arg): una breve introduzione


In post precedenti ho evidenziato sinteticamente alcune caratteristiche fondamentali dello scenario sociomediale contemporaneo, che hanno contribuito in maniera decisiva all’affermarsi di modalità di racconto transmediali. Prodotto esemplare in questo senso, spesso parte di saghe ben più ampie, è l’Alternate Reality Game (Arg), gioco di realtà alternate.

Si tratta di un intrattenimento ludico, che usa le diverse dimensioni di realtà (mediate o meno) che attraversiamo nella nostra quotidianità – spot o cartelloni pubblicitari, fiction televisive, film per il grande schermo, siti web, social network, blog, mail, attori e attrici con cui interagire al telefono, online o nel mondo reale – per veicolare l’esperienza di gioco.

Tra le caratteristiche distintive di un Arg c’è quindi, come da nome, quella di alternare fasi del gioco su diversi piani di esistenza: virtuale, mediata o immediata. Da questo elemento, che è sempre più speculare al modo in cui viviamo la nostra quotidianità, ne deriva un altro che è in un certo senso la filosofia di fondo di molti di questi giochi, sintetizzata nell’acronimo Tinag (This is not a game) diffusosi nella letteratura anglofona sull’argomento. In altri termini molti Arg sono sviluppati in modo da dissimulare la loro stessa natura ludica, cercando invece, il più possibile, di incrociare con naturalezza la vita quotidiana dei partecipanti, insinuandosi tra le pieghe di abitudini consolidate. Può essere utile a dare un’idea del meccanismo in questione The Game (1997) di David Fincher, film il cui protagonista vive uno stravolgimento della propria esistenza che solo alla fine si rivelerà causato da un gioco. Nella pellicola Nicholas Van Orton (interpretato da Michael Douglas) è un ricco uomo d’affari. Il fratello Conrad (Sean Penn), per movimentare la sua monotona vita, in occasione del compleanno gli regala una tessera per iscriversi ad un esclusivo club e partecipare a un complicato e affascinante live-action game , organizzato dalla misteriosa Consumer Recreation Services (Crs). Nicholas si iscrive senza troppo interesse, ma da quel momento la sua vita diventa un incubo, in un crescendo di prove estreme e misteri intricati. Il gioco seguiterà ad essere sempre più serio e realistico finché sia lo spettatore che lo stesso protagonista dimenticheranno l’origine di tutto: The Game, appunto.

Questo  thriller, oltre ad essere un ottimo prodotto di intrattenimento
, è – ed è quello che più qui interessa – un’interessante rappresentazione del paradigma Tinag, sottostante all’ideazione e realizzazione di molti Arg, che fortunatamente lo adottano con sfumature meno persecutorie di quelle rappresentate nel film! Oltre questo, l’altra differenza fondamentale rispetto alla maggior parte degli Arg è che nel film di David Fincher il partecipante intorno al quale viene costruito il gioco è uno solo, mentre solitamente queste esperienze ludiche sono pensate per coinvolgere una pluralità (da poche decine a centinaia di migliaia) di individui.

Di solito l’ingresso in un Arg avviene tramite indizi, dispersi in maniera apparentemente casuale, che i più intraprendenti decidono di seguire. Tutto questo in coerenza con il principio Tinag, rispetto al quale non sarebbe sensato lanciare un Arg, pubblicizzandolo ex-ante come gioco in quanto tale. Gli indizi così disseminati vengono chiamati rabbit holes, proprio perché sono dei piccoli pertugi esplorando i quali si viene immessi nella struttura del gioco.

Un esempio in questo senso è quello dei poster promozionali del film Intelligenza Artificiale (A.I.)(2001) di Steven Spielberg. Chi ne avesse osservato con estrema attenzione i credits, avrebbe notato il nome di Jeanine Salla, nella veste di terapista di macchine senzienti, tra quelli ben più consueti del regista, del montatore e degli attori.


I più curiosi, allertati dal suo inedito compito di roboterapista andarono a verificare chi fosse Jeanine Salla su Google, e scoprirono che lavorava alla Bangalore World University, anno 2142 (!).

Agganciando i partecipanti tramite questo indizio ed altri disseminati nei trailers del film (ad esempio un numero telefonico chiamando il quale si ricevevano ulteriori informazioni su Jeanine) gli autori di The Beast coinvolsero centinaia di migliaia di persone in una investigazione – tra siti web, numeri di telefono, scambi di mail con i protagonisti dell’Arg ed eventi dal vivo – per scoprire le cause della morte di Evan Chan, amico di famiglia di Jeanine, ritrovato cadavere all’interno della sua barca Cloudmakers, dotata di intelligenza artificiale. Durato tre mesi e conclusosi nel luglio 2001, questo gioco di realtà alternate creato da Steven Spielberg in collaborazione con Microsoft per lanciare il film con Will Smith,  è riuscito a coinvolgere più di un milione di partecipanti – primo esempio di Arg di così ampio successo – suscitando l’interesse di network del mainstream mediale, quali CNN, ABC, BBC, New York Times, USA Today oltre a quello di moltissimi siti web.

Esulando dallo specifico esempio di The Beast, negli Arg ai partecipanti viene solitamente offerta un’esperienza ludica che alterna tre diverse fasi – esposizione, interazione e sfide – caratterizzate da un diverso grado di coinvolgimento attivo richiesto:

– le fasi di esposizione sono quelle in cui il ruolo dei partecipanti è passivo, in un classico flusso comunicativo unidirezionale tra emittente (gioco) e riceventi (giocatori). Sovente si tratta delle prime fasi, quelle in cui il partecipante riceve informazioni sufficienti a coinvolgerlo nel gioco e motivarlo/guidarlo verso le prove successive. Altrettanto spesso si tratta delle fasi conclusive, in cui il giocatore riceve il premio previsto per chi completa il percorso ludico.

– le fasi interattive sono quelle in cui gioco e giocatore entrano a più diretto contatto: negli Arg questo avviene ad esempio attraverso dialoghi tra i partecipanti e gli attori coinvolti nel gioco, che possono interagire al telefono, via web, tramite chat, msn, blog…oppure nel mondo reale.

– le fasi di sfida sono quelle in cui il giocatore è chiamato a superare determinate prove, nel mondo virtuale o in quello reale. Sono queste le fasi in cui il giocatore è nel gioco, e ne decide la progressione.

Ovviamente il maggiore o minore peso delle diverse fasi, determina la maggiore o minore capacità di coinvolgimento del gioco. È del resto altrettanto evidente come a queste considerazioni eminentemente ludiche ne vadano aggiunte altre di carattere economico: l’utilizzo di attori è certamente molto affascinante, ma comporta un notevole incremento dei costi. Considerazione a maggior ragione estendibile anche all’organizzazione di eventi live funzionali all’avanzamento del gioco.

Le fasi descritte sono di solito inserite in plot tipicamente investigativi, anche perché molto spesso gli Arg rielaborano i meccanismi di gioco tipici delle cacce al tesoro, come avviene ad esempio proprio in The Beast e in Lost Experience – Arg legato alla serie televisiva Lost, svoltosi tra la fine della seconda e l’inizio della terza stagione  – su cui ritornerò con un post specifico.

L’Arg è quindi un tipico prodotto del panorama mediale attuale per varie ragioni. Innanzitutto per la sua la natura intrinsecamente crossmediale, consona ad un’epoca in cui, come abbiamo visto, la dieta mediale degli individui si fa sempre più variegata.

La complessità degli enigmi proposti ai partecipanti, la caleidoscopica varietà delle competenze necessarie a risolverli, incrociate con il rilievo riconosciuto al web in questi giochi di realtà alternate,  rendono gli Arg un terreno fertile per lo sviluppo di dinamiche di intelligenza collettiva, come avvenuto per la community dei Cloudmakers, creata su una piattaforma yahoo group, per mettere in comune gli sforzi e arrivare in tempi più rapidi alla soluzione dell’enigma centrale di the Beast.  Community che oggi, a dieci anni dalla chiusura del gioco, conta ancora quasi settemila iscritti.

Infine l’ulteriore elemento di attualità dell’Arg risiede nel suo essere un prodotto ibrido, al confine tra narrazione e gioco, tra intrattenimento e marketing, capace di coinvolgere i partecipanti in un esperienza ludica che, al contempo, può essere (e quasi sempre è) spazio promozionale per una più ampia saga transmediale, ma anche per prodotti di intrattenimento più tradizionali, come film, serie televisive, dischi. Questo in funzione di due fondamentali caratteristiche:

– da un lato un Arg, chiedendo ai partecipanti di prendere parte ad eventi, facendoli interagire, magari telefonicamente, con i personaggi del gioco, si presenta come vero e proprio strumento di marketing esperienziale: fidelizza al brand, permettendo ai giocatori di esperirlo nella propria quotidianità.

– dall’altro lato, come detto, la complessità del mistero, e le competenze necessarie per risolverlo, creano negli utenti la necessità di condividere idee e deduzioni, per aumentare le possibilità di trovare la soluzione dell’enigma in tempo utile: i partecipanti al gioco si organizzano attraverso i canali del social networking. L’Arg diventa così motore per la nascita di comunità virtuali che sono sempre più spesso elemento fondamentale per la creazione di uno zoccolo duro di affezionati e fedelissimi del prodotto/servizio che attraverso l’Arg si è cercato di lanciare.

Per tutte queste caratteristiche l’Arg non solo è un prodotto esemplare di questi anni ipermediati, ma anche una sorta di modello in scala ridotta del più ampio fenomeno della narrazione transmediale, in cui è spesso inserito come singolo segmento.

Per chi volesse approfondire l’argomento rimando al sito dell’Alternate Reality Gaming Network, una della più complete ed aggiornate fonti di informazione sull’argomento.

A presto

Cor.P

Scenario: l’intelligenza collettiva e la narrazione crossmediale (3)


…e la narrazione crossmediale?

Riprendo da dove eravamo rimasti, nel post precedente di questa serie… Quale il nesso diretto tra narrazione crossmediale ed intelligenza collettiva? Il legame è piuttosto ovvio, considerata la complessità che  caratterizza – e alla quale ho fatto assai spesso riferimento – i franchise transmediali.

L’intelligenza collettiva entra in gioco proprio per consentire ai fan di orientarsi in questi mondi finzionali, così articolati ed estesi da poter essere più facilmente percorsi, compresi e goduti, da uno spettatore che non s’avventuri in solitaria alla loro esplorazione transmediale.

Del resto –  indipendentemente dalla circostanza che ci si trovi di fronte ad un prodotto transmediale – il condividere idee, opinioni, informazioni sui propri personaggi preferiti è da sempre uno dei maggiori piaceri nella fruizione di prodotti di intrattenimento, unito alla voglia di saperne il più possibile che caratterizza i fan più accaniti, che tendono ad un appetito onnivoro nei confronti dell’oggetto della loro passione.

Ma questo desiderio di onniscienza, già difficilmente perseguibile di fronte ad un prodotto monomediale, diventa di ancor più ardua realizzazione nei confronti di un franchise che si sviluppi lungo molteplici piattaforme distributive.

Per questo motivo quando si fruisce di un franchise transmediale, oltre che un piacere, la condivisione diventa un’opportunità cognitiva…così, ad esempio, per imparare il Klingon o il Na’vi confrontarsi con altri fan è certamente d’aiuto; per scoprire il significato della equazione di Fibonacci, la ricorrente e misteriosa sequenza numerica di Lost, bisognava partecipare all’Arg (Alternate Reality Games) Lost Experience, prendendo parte ad una sorta di caccia al ‘tesoro informativo’ alla quale era meno divertente, e meno fruttuoso, partecipare da soli…oppure, non avendo partecipato a Lost Experience, era possibile (ovviamente in un periodo successivo alla conclusione dell’Arg) recuperare l’informazione su qualche wiki costruito in rete dai fan della serie, anche in questo caso mettendo a frutto le potenzialità dell’intelligenza collettiva.

In altri termini il dialogo, il confronto tra fan, intorno ai propri personaggi preferiti non nasce più, solo, dalla voglia di condividire una passione, ma anche dal bisogno di comprendere meglio alcuni aspetti, alcuni dettagli narrativi rimasti criptici, attingendo al sapere di altri appassionati, che magari hanno esplorato per più ampi spazi transmediali il franchise di riferimento. L’intelligenza collettiva diventa così funzionale alla costruzione di bussole condivise, utili ad orientarsi negli universi finzionali transmediali.

Esemplare in questo senso il progetto Star Trek Chronology (STC), messo in piedi da alcuni Trekkies per un più agevole orientamento nel tempo narrativo dell’universo trekkiano, distribuito in uno spazio transmediale composto essenzialmente dalle serie per il piccolo schermo e dai lungometraggi cinematografici. In altri termini, l’obiettivo  di STC è stato quello di riordinare cronologicamente gli eventi dell’universo trekkiano,  prendendo come unico riferimento quello del tempo diegetico in cui si sono svolti, indipendentemente dal medium e dalla loro data di messa in onda. Così, utilizzando la lista presente sul sito  STC, ogni appassionato di Star Trek può decidere di immergersi nella saga seguendo gli episodi televisivi e i film in ordine cronologico, fruendoli come fossero segmenti di una narrazione lineare.

Ancora su Star Trek, un esempio più light, ma egualmente indicativo di una tensione al costruire insieme strumenti di orientamento all’interno di universi finzionali transmediali, è l’infografica segnalatami da Giancarlo Manfredi (che ringrazio ancora), che sintetizza alcune chicche informative sull’universo di Gene Roddenberry sparse su vari siti web, compattandole in un nuovo layout accattivante ed efficace.

Più in generale, un tipico risultato di questo circuito virtuoso tra fruizione di narrazioni transmediali e dinamiche dell’intelligenza collettiva sono le wiki create dalle fan community di serie televisive, franchise cinematografici o videogiochi, vere e proprie enciclopedie open source costruite intorno ai titoli di maggiore successo dell’industria dell’entertainment…gli esempi possibili sono molti, ed alcuni li ho già riportati in post precedenti, ma di seguito elenco comunque alcune di queste community:

www.webtrekitalia.com     (Star Trek)

www.snpp.com   (I Simpson)

www.buffymaniac.it    (Buffy)

avatarthemovieforum.com    (Avatar)

harrypotterfans.forumfree.it   (Harry Potter)

www.twifans.com   (Twilight)

it.lostpedia.wikia.com  (Lost)

glee.subsfactory.it   (Glee)

Ovviamente quanto detto sin qui va interpretato come dato tendenziale…mi preme specificare, per quanto possa essere ovvio, che l’esplorazione in solitaria rimane una pratica mediale ancora largamente diffusa…ma la dimensione sociale e socializzante (della quale l’intelligenza collettiva è solo una delle possibili declinazioni) di questo tipo di consumi culturali fondati sulla fruizione espansa, è sempre più evidente, ed è del resto ben nota a chi produce questi franchise, che vede evidentemente con favore l’idea che vi si creino intorno comunità d’interesse, se non di culto.

Sempre più spesso, quindi, al di là dello spontaneismo degli appassionati più fedeli ed intraprendenti, sono le stesse case produttrici che creano occasioni di socializzazione virtuale intorno ai propri titoli di punta. Uno degli esempi più celebri, ormai già datato (2007), è quello della puntata di CSI conclusasi nel mondo virtuale di SecondLife, dove venivano chiamati a raccolta i fan della serie che avessero voluto collaborare alla risoluzione del caso.

In altri casi queste forum community, oltre a diffondere la cultura del franchise cui sono dedicate, ne espandono i confini, seppur in maniera apocrifa, con le fanfiction. E questo diventa spesso un ottimo serbatoio di idee a cui gli autori attingono più di uno stimolo, più di una idea, per ulteriori sviluppi ufficiali, anche grazie al livello sempre più elevato raggiunto da questi prodotti amatoriali (del resto è sempre meno paradossale riscontrare un livello professionale in produzioni amatoriali)…celebre caso italiano è quello di Dark Resurrection, il fanmovie che Angelo Licata ha dedicato alla saga di Guerre Stellari.

Quindi – volendo tirare delle prime, parziali, conclusioni – l’intelligenza collettiva entra in gioco nella fruizione di narrazioni transmediali:

– dal lato dei fan: come strumento di condivisione ed accumulazione di conoscenza sul franchise, la cui complessità è difficilmente gestibile in solitaria;

– dal lato dei fan: come strumento creativo open-source, che consente di realizzare ulteriori espansioni crossmediali, apocrife, del franchise di riferimento;

– dal lato dei titolari del franchise: come strumento utile alla creazione di eventi di socializzazione virtuale intorno al franchise, che stimolino la costruzione di una comunità e di un culto intorno allo stesso.

A presto.

Cor.P

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