…la ‘questione terminologica’ intorno ai temi del narrare espanso mi affascina e mi fa sorridere. Dal punto di vista accademico sarebbe rilevante arrivare ad un vocabolario condiviso, ma ancora non ci siamo. Dietro il velo delle differenze terminologiche si scorge spesso lo studio degli stessi fenomeni; in altri casi vengono usati indistintamente termini coniati per rimandare ad oggetti culturali diversi. Situazioni che rischiano di creare qualche confusione, ma che consentono anche la scorciatoia di ‘buttarla in caciara’ per usare un gergo romanesco.
Transmedia è il termine che ha avuto più fortuna, intorno al quale si è concentrato il più ampio consenso accademico, anche perchè tra i primi atenei ad utilizzarlo c’è stato il prestigiosissimo MIT…
Se andate un po’ indietro negli anni – a metà degli anni duemila – noterete che nella letteratura europea ed italiana dedicata alle narrazioni espanse, veniva preferito il termine crossmedia. Poi non è mutato l’oggetto di ricerca, ma il modo di chiamarlo…al termine crossmedia è stato sostituito transmedia, quasi a salire sul carro del vincitore semantico (ovviamente Henry Jenkins del MIT con il suo ‘transmedia storytelling’). Ma se la ricerca è frutto di lavoro serio, non è grave: in fondo è assolutamente lecito sceglierle la copertina termilogica migliore. Un esempio in questo senso è Christy Dena, autrice must per chiunque intenda studiare e/o realizzare narrazione espanse. Nel lontano 2004 scrive Current State of Cross Media Storytelling: Preliminary observations for future design, tra i primissimi lavori su queste tematiche. I titoli della sua produzione successiva indicano in maniera abbastanza evidente l’abbandono del termine crossmedia a favore del termine transmedia, cito da ultimo la voce ‘Transmedial Fictions’ scritta da Dena per The Johns Hopkins Encyclopedia of Digital Textuality, in corso di pubblicazione.
Ma in altri casi (il ‘buttarla in caciara’ di cui sopra) si è visto utilizzare il termine Transmedia semplicemente perchè era una parola must, rivestita di un alone di novità irresistibile: riempendosene la bocca si poteva conquistare rapidamente una visibilità riflessa…e questo è valso e continua a valere tanto per autori quanto per eventi. Ed anche per questo oggi il termine Transmedia comincia a mostrare i primi segni di inflazionamento da sovraesposizione…
Su questi aspetti, e non solo, riflette in maniera molto divertente l’infografica seguente, realizzata da Sean Patrick O’Reilly:
assicurati di dire a tutti che è un progetto transmediale, è inserisci ‘immersive world’ o ‘henry jenkins’ in tutte le tue conversazioni
In fondo non bisogna prendersi troppo sul serio…è solo transmedia…
Vale la pena precisare, comunque, che crossmedia e transmedia rimangono due cose diverse. Le accomuna lo sviluppo su più piattaforme. Ma nel transmedia la differenziazione dei contenuti narrativi destinati ai diversi canali distributivi è maggiore, ma è al contempo maggiore anche l’integrazione di questi diversi contenuti, che seppure dispersi mirano a creare un’esperienza in qualche modo unica, immersiva, avvolgente…In questo senso il transmedia è un di cui del crossmedia.
A presto.
Cor.P
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