Xmp intervista Marco Zamarato (1)


Marco Zamarato, User Experience designer con una passione per la narrazione in tutti i suoi formati, anche quelli meno ortodossi. Vive e lavora tra San Francisco, Helsinki e l’Italia.
In Italia ha partecipato alla creazione di Frammenti, serie TV transmediale trasmessa da Current TV. All’estero si occupa di UX e Interaction Design per clienti internazionali.

Marco_Zamarato

Xmp: Come quasi sempre in queste intervista parto cercando di fare un po’ di chiarezza terminologica… crossmedia, transmedia, intermedia, assistiamo ad un proliferare di etichette, a cui mi pare non corrisponda altrettanto rigore definitorio. Puoi orientarci in qualche modo? Esistono delle differenze o questi termini sono interscambiabili?

Marco Zamarato: Non vedo particolari differenze tra i diversi termini e credo che oggi siano considerati sinonimi. Eppure, a prescindere dalle etichette, ci sono alcune differenze che definiscono i diversi tipi di narrazione transmediale:
Intenzionale vs Accidentale:
Una narrazione ‘espansa’ può essere parte del piano originale del creatore (e quindi costruita o supervisionata dallo stesso) oppure può essere aggiunta in parallelo o a posteriori (non necessariamente per volontà o sotto la supervisione del creatore originale).
Attiva vs Passiva:
Una narrazione ‘espansa’ può richiedere o meno l’intervento diretto del lettore/spettatore per svilupparsi.
A pensarci bene adesso vorrei aggiungere un terzo asse, legato al contesto:
Contestuale vs Non contestuale (in questo momento non trovo una parole migliore). Una narrazione ‘espansa’ può essere progettata per avvenire in un contesto preciso (luogo, tempo e media) o per essere riprodotta/fruita in contesti diversi senza limitazioni.
Non sono un accademico e le etichette non sono il mio forte ma non mi dispiacerebbe vedere una terminologia in grado di evidenziare queste differenze. Magari esiste già ed io semplicemente non ne sono a conoscenza!

storytelling in 21c

Xmp:  La classificazione intenzionale vs accidentale sembra presupporre ancora la figura dell’autore, di quel singolo creativo che in qualche modo idea e gestisce il prodotto nel suo complesso. Questa figura è ancora attuale anche in un contesto come quello del transmedia storytelling?

Marco Zamarato: Che si tratti di un singolo o di un gruppo (generalmente ristretto) c’è sempre una figura autoriale che conosce l’intera struttura narrativa e sa come evolverla o manipolarla, almeno nel caso di narrazioni che sono concepite sin dall’inizio come esperienze transmediali.
Tradizionalmente non abbiamo nessun problema a identificare lo scrittore come il responsabile ultimo di un romanzo, nonostante ci siano molte altre figure coinvolte, ma se pensiamo al cinema abbiamo dovuto aspettare fino ai Cahiers du Cinéma con Truffaut e soci per iniziare a definire meglio la figura del regista/autore. Ecco, quando parliamo di narrazione transmediale, e proviamo a farlo da un punto di vista autoriale (o intenzionale), non siamo ancora molto lontani dai treni che ‘bucano’ lo schermo. C’è stupore, curiosità, passione e incertezza e come nel cinema ci vorrà ancora un po’ di tempo per la chiarificazione della figura di un regista transmediale. Eppure le responsabilità sono simili, così come lo è impatto sul risultato finale.

Xmp: Quali professionalità specifiche si sono affermate sul (e sono richieste dal) mercato a seguito del successo di questo tipo di prodotti transmediali?

Marco Zamarato: Prima di tutto bisogna sapere costruire e raccontare una buona storia. Tutte le professionalità sono prese in prestito da altri ambiti del digitale; per quanto riguarda la creazione e pianificazione parliamo principalmente di registi e scrittori, game o experience designer.
Per quando riguarda la produzione vera e propria sono necessarie tutte le professionalità tipiche del digitale: sviluppatori, designer, community manager (che poi spesso diventano puppet master), illustratori, copywriter e così via.
Non credo esista una professionalità specifica. Al contrario, forse chi si occupa di transmediale non si identifica con un ruolo preciso ma con il cambiamento continuo tra discipline, sia a livello concettuale che manuale. In realtà questa continua condizione di instabilità non è propria solo del transmediale ma della maggior parte dei lavori generati da internet, mobile e digitale in generale.

trans_producer

Xmp: Esistono tecniche e strumenti specifici (bibbie transmediali, applicativi ad hoc?) per scrivere questo tipo di prodotti?

Marco Zamarato: Non credo che esistano applicazioni ad hoc o almeno non ne sono a conoscenza. La pratica più comune è quella di ‘manipolare’ altri software o servizi per farli raggiungere lo scopo desiderato. Noi abbiamo fatto così con Frammenti. Si usa quello che si ha a disposizione e quello che manca viene costruito ad hoc.
Ci sono software per scrivere sceneggiature ma sono troppo legati alla tradizione del cinema. Sarebbe utile avere uno strumento in grado di semplificare la separazione tra struttura narrativa, contenuti e loro presentazione finale al lettore. L’intero processo è ancora molto ‘sartoriale’ perché ogni storia è diversa e richiede lavoro manuale. La narrazione transmediale non ha ancora subito tutti i processi di serialità e standardizzazione di altri formati.

Xmp: Un modo di raccontare che rilancia il filo narrativo da un medium all’altro, è davvero così innovativo come gran parte della retorica sul transmedia storytelling da Jenkins in poi tende a suggerire?

Marco Zamarato: Non stiamo parlando della stessa cosa che ogni religione fa da millenni? Battute a parte, se riduciamo il discorso al più semplice passaggio da un medium a un altro, non c’è nulla di nuovo in quello che oggi chiamiamo trans, cross o qualsiasi altra cosa-media.
Se consideriamo i contesti di produzione, distribuzione e fruizione allora ci sono più elementi di cui parlare. Sono un designer e spesso nel mio lavoro mi capita di fare da mediatore tra diverse necessità. Di solito i confini di un progetto sono definiti da tre elementi: persone (desideri, necessità, abitudini), business (obiettivi) e tecnologia (strumenti e processi).
Ecco, se pensiamo a come sono cambiati questi tre elementi negli ultimi decenni allora sì, c’è qualcosa di nuovo nel transmedia storytelling. L’attenzione delle persone si è ridotta, come i tempi di fruizione, i gusti si sono diversificati e specializzati. Allo stesso tempo il modo di fare business è sostanzialmente cambiato, così come le tecnologie a disposizione di tutti. In tutti questi fattori c’è qualcosa di nuovo, curioso e inatteso che genera forme innovative o interessanti di narrazione. Ma il trucco alla base è sempre lo stesso.

Xmp: Il ruolo centrale acquisito dai videogame nella cultura popolare, ha influenzato la diffusione di formati narrativi ludicizzati (soprattutto nelle parti in cui si cerca di garantire maggiore possibilità di interazione al pubblico)?

Marco Zamarato: Non credo. C’è sicuramente un doppio legame tra narrazione e videogame ma in entrambe le direzioni si manifesta in prodotti di nicchia che sono solitamente distanti da quello che si riconosce come cultura popolare.
Credo (e spero) che in futuro ci saranno formati più ibridi con possibilità interessanti. Se penso che già oggi una buona parte di film è prodotta in CGI inizio a non vedere la differenza tra un videogioco e un film, almeno dal punto di vista tecnico. Ma come ho detto prima dobbiamo considerare anche persone e business e qui le cose si fanno più complicate.
Piuttosto che nei videogiochi vedo un’influenza più forte nel marketing.

Xmp: …legandomi a questo…in contesti narrativi di questo tipo, è ancora possibile distinguere il marketing della storia dalla storia vera e propria? Ed ha ancora senso farlo?

Marco Zamarato: Si. Proprio per il discorso sull’autore che facevamo prima; dipende da come l’autore ha concepito e sviluppato la storia e dal livello di controllo che vuole avere sull’intero materiale narrativo. Se una storia nasce transmediale è probabile che, come dici tu, non ci siano differenze visibili tra marketing e storia. In altri casi ‘accidentali’ credo che la differenza si possa vedere se non altro per una differenza di tono e sensibilità, non necessariamente di qualità.
Credo che questa sia ancora una differenza da tenere a mente. Transmediale ‘accidentale’ ha uno scopo ben preciso, promuovere la storia; transmediale ‘intenzionale’ è a servizio della storia stessa e della volontà dell’autore, funzionando allo stesso tempo come strumento di promozione.

Xmp: Tra quelli tradizionali, c’è un medium che più degli altri sta dimostrando flessibilità nell’adattarsi a queste produzioni che si rilanciano da un canale distributivo all’altro?

Marco Zamarato: Il cinema sembra essere più ricettivo, forse per via dell’importanza del marketing e del merchandise o di una minore resistenza culturale.

Ma non credo sia tanto una questione di medium quanto di attitudine degli autori. Nelle mani dell’autore giusto qualsiasi medium diventa malleabile. Del resto quasi tutti i media tradizionali stanno attraverso un periodo di crisi e adattamento quindi hanno tutti un buon grado di flessibilità.

A lunedì prossimo per la seconda parte dell’intervista a Marco Zamarato.
A presto.
Cor.P

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Una Risposta

  1. […] che effettivamente realizzano prodotti trans o crossmediali (penso ad esempio a Davide Tosco e Marco Zamarato), mi hanno descritto una lavorazione molto artigianale, fatta di appunti, di post-it, di scrittura […]

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