…prima di arrivare ai punti di più diretto contatto tra le dinamiche dell’intelligenza collettiva e la produzione e/o fruizione di universi narrativi transmediali, mi soffermo su un fenomeno – quello del crowdsourcing – certamente esemplare delle dinamiche cognitive descritte da Pierre Levy.
…neologismo anglofono creato da Jeff Howe attraverso la crasi dei termini crowd ed outsorcing, in parole estremamente semplici individua un processo in cui si dia in outsorcing, alla massa di potenziali collaboratori contattabili grazie alla rete, il compito di arrivare ad un determinato obiettivo, realizzare un determinato output, risolvere un determinato problema.
Un tipico ambito di applicazione del crowdsourcing è quello pubblicitario, e la piattaforma zooppa ne è forse l’esempio più celebre. Il meccanismo è molto semplice: l’azienda committente lancia un contest nella piattaforma, specificando il premio in denaro (o altri tipi di riconoscimento) che spetterà all’autore del lavoro selezionato. Ad esempio, mentre scrivo questo post, è in corso un contest di PosteItaliane. Nel brief l’azienda descrive sinteticamente il prodotto da pubblicizzare, l’output richiesto ai partecipanti (in questo caso un video), il target, l’obiettivo della campagna, i mezzi attraverso i quali verrà diffuso il video selezionato, il premio finale (13.000 euro) ed altre informazioni utili per la realizzazione del video (tone of voice, requirements, valori da comunicare…).
In questo contesto il committente ha il vantaggio di ricevere, a fronte di un budget piuttosto ridotto (solitamente compreso tra i 5.000 ed 15.000 euro) una quantità di proposte assai elevata. Dal canto loro i creativi ci guadagnano i soldi, se vincono, visibilità quando partecipano, ed esperienza se sono alle prime armi. E, ovviamente, ha il suo introito anche la piattaforma che mette a disposizione i suoi ambienti.
Un esempio di applicazione del crowdsourcing in ambito editoriale è quello della ristrutturazione del sito web di wired, compiutasi a partire dallo scorso ottobre, per la quale era stato aperto un apposito spazio in cui raccogliere idee e proposte concrete in crowdsourcing. Quanto invece al settore dell’entertainment, un caso interessante, che però approfondirò in un post successivo, è quello della novelization del Doctor Who, per la quale sono state raccolte, e poi selezionate, le proposte editoriali ricevute dai fan della serie televisiva.
Per chi sul crowdsourcing volesse un primo approfondimento, non monocordemente entusiastico, rimando all’agile e stimolante libro (scaricabile gratuitamente in formato .pdf) di Stefano Terragrossa che ne mette in luce anche aspetti negativi. Segnalo inoltre il video seguente, molto interessante, che fa intuire come il crowdsourcing, pur presentando dei punti di contatto con la logica operativa dell’open source, ne vada tenuto distinto per il forte ancoraggio al mondo aziendale che lo permea. In estrema sintesi, e senza alcuna intenzione di inquadramento valoriale da parte mia, nell’open source l’intelligenza collettiva lavora per la comunità, mentre nel crowdsourcing lavora per il committente (che può essere, ma solitamente non è, la comunità stessa).
A presto.
Cor.P
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